
Viaggio nella storia dei social: le tappe e da dove è iniziato tutto
Alla luce dei recenti avvenimenti di cronaca internazionale, dalle influencer russe disperate per la chiusura di Instagram alla guerra in Ucraina raccontata su Tik Tok, cerchiamo di capire l’evoluzione delle piattaforme di social network
È cronaca di poche settimane fa: la decisione di chiudere in Russia Instagram, uno dei più importanti social network, ha portato alla disperazione moltissime influencer, che hanno pubblicato video di addio in lacrime perché “stavano perdendo tutta la loro vita”. Ad uno sguardo poco attento possono sembrare solo deliri di ragazzine vanesie e superficiali, ma c’è molto di più, basti pensare all’altra faccia della medaglia. Un altro social network che è diventato la voce della guerra narrata da chi la vive in prima persona: Tik Tok, con i racconti di militari ucraini, di cittadini che vivono nei bunker, dei fotografi che cercano di raccontare la guerra attraverso le immagini.
Appare chiaro quindi che ci sia molto di più sotto la superficie, e che forse può essere necessario fermarsi ad analizzare la situazione. Per cercare di capire il fenomeno è d’obbligo partire da lontano, e raccontare la storia dei social network e, inevitabilmente, della comunicazione.

Comunicare è una funzione vitale per l’essere umano (lo è per tutto il regno animale, e anche per quello vegetale). Fermatevi a pensarci, comunicare è così importante che è una funzione che si sviluppa perfino prima della parola: i neonati comunicano i loro bisogni col pianto fin dal primo giorno, ben prima di iniziare coi primi vocalizzi. Nella preistoria gli uomini comunicavano e raccontavano le loro storie attraverso le pitture rupestri, tanto era forte l’istinto e il bisogno di esprimersi: una vera necessità, quando si parla di indicare posti dove trovare mandrie di bufali coi quali sfamarsi, o quando si vuole evitare un luogo pericoloso o una pianta tossica. In un mondo selvaggio e pieno di insidie, comunicare equivale a sopravvivere.
Comunicare è alla base di tutte le relazioni, l’essere umano è un animale sociale, e non può essere altrimenti. Internet nasce proprio come strumento per soddisfare questo bisogno atavico: una rete informatica che permette ai computer di tutte le parti del modo di comunicare fra loro. Una svolta epocale iniziata in campo militare verso la fine degli anni Cinquanta, ed esplosa a livello globale negli anni Novanta con l’introduzione del World Wide Web. Ora tutti gli utenti del mondo sono a portata di click, legati però al possesso di un complesso e costoso computer, che non è decisamente alla portata di tutti. È un fiorire di servizi nuovi, di chiacchiere virtuali di ogni tipo: e-mail, chat, forum. Le persone vanno alla scoperta di questo nuovo mondo come i primi avventurieri nelle Americhe.
La rivoluzione però arriva qualche anno dopo, quando la rete diventa più alla portata di tutti, si slega dal possesso di un pc e diventa davvero a portata di mano, anzi di tasca: arrivano i primi smartphone. Super costosi e alla portata solo di business man all’inizio, poco alla volta diventano sempre più economici…E la rete ora è davvero in tasca a chiunque.
È in questo mondo in fermento che nasce Facebook, nell’oramai lontano 2004: una piattaforma che doveva servire come mezzo di contatto per studenti universitari diventa, nel tempo, una rete globale che, dati di ottobre 2020, conta 2,7 miliardi di utenti. Il desiderio di comunicare, di condividere foto ed esperienze personali, di conoscere persone nuove, è immenso e irrefrenabile.

L’EVOLUZIONE DEI SOCIAL E DELLA COMUNICAZIONE
Negli anni sono nati moltissimi social network, con fortune diverse: dall’ormai iconico My Space, a Instagram, e poi Pinterest, Linkedin, Tik Tok, e così via. La sempre maggiore facilità d’uso e la disponibilità di connessioni più veloci ed economiche giocano di sicuro un ruolo fondamentale nella loro diffusione, ma cosa li porta ad essere ormai parte integrante della vita di molte persone? E non stiamo nemmeno prendendo in considerazione l’aspetto commerciale del fenomeno, altrettanto enorme e importate , ma solo quello meramente comunicativo.
Perché è questo che sono diventati i social network nella storia: da piattaforme comunicative fra persone a piattaforme dove comunicare il sé, cassa di risonanza dei propri pensieri, del proprio modo d’essere, della propria vita. Personalizzati a propria immagine e somiglianza, fatti per mostrare il proprio lato migliore, fino al punto di voler suscitare invidia nelle altre persone: in certi casi si arriva addirittura a una vera e propria dipendenza da social, come può essere quella da alcolici o da sostanze stupefacenti, sintomo che non si può bollare il fenomeno come qualcosa di esclusivamente superficiale. Come abbiamo detto all’inizio, comunicare è una funzione vitale per l’essere umano, ed è in quest’ottica che va letto il fenomeno.
Se i millennial hanno imparato col tempo a gestire e utilizzare i social, abituati fin dall’infanzia a uno stile comunicativo più “umano” e diretto, e si sono creati così degli strumenti di lettura e comprensione del fenomeno, ben diverso è il discorso per boomer e nativi digitali. Per quanto strano possa sembrare, visto lo stacco generazionale che li divide, entrambe le categorie soffrono di un problema molto simile: la mancanza di strumenti critici per navigare il fenomeno. I primi perché l’hanno visto arrivare all’improvviso, al di fuori di ogni percorso scolastico, filtrato dai figli millennial che smanettavano al pc e che non riuscivano a capire fino in fondo. I secondi perché ci si sono trovati nel mezzo, con un mondo che si era già abituato e che dava oramai tutto per scontato, senza preoccuparsi di fornire loro un’adeguata educazione digitale.

STRUMENTI COMUNICATIVI E SOCIALI
I social network non sono solo un passatempo per ragazzine svampite e ragazzi perdigiorno, pensiamo appunto al fatto che stanno diventando l’unico strumento comunicativo capace di superare gli ostacoli di una guerra dall’esito sempre più incerto: in Ucraina si stanno rivelando un mezzo di comunicazione potente, anche senza stare a scomodare la propaganda politica. Le persone comuni condividono la loro vita quotidiana e permettono uno sguardo più profondo sulla realtà del conflitto: troppo per fare di loro solo un fenomeno superficiale.
Forse d’ora in poi guarderete con più indulgenza tutti i fenomeni dei social network, e magari riuscirete anche ad empatizzare di più con le lacrime delle influencer russe, alle quali è stata tolta la possibilità di esprimere una delle capacità più naturali e innate dell’essere umano: la comunicazione. E noi ci auguriamo di poterli rivedere tutti presto a pubblicare storie frivole e cieli azzurri, senza l’ombra dei bunker e lo spettro delle bombe.

John Holcroft
L’illustratore editoriale inglese John Holcroft lavora dal 1996: quello che l’ha reso famoso è la sua satira che si è fatta conoscere al mondo tramite illustrazioni dal tocco retrò. Uno stile che si rifà alle pubblicità americane degli anni ’50: nei suoi lavori questo tocco incontra la società moderna, fatta di vizi che Holcroft mostra per ciò che è realmente.